PART-TIME ED EFFETTI SUL TRATTAMENTO PENSIONISTICO

IN VISTA DELLA PROSSIMA SCADENZA DELLA DOMANDA DI PART-TIME, CONTINUANO A PERVENIRE A QUESTA SEGRETERIA PROVINCIALE, QUESITI IN ORDINE AGLI EFFETTI SUL TRATTAMENTO DI PENSIONE PER COLORO CHE SCELGONO TALE ARTICOLAZIONE ORARIA DI LAVORO.

RITENIAMO, PERTANTO, UTILE PRECISARE E RISPONDERE A DUE PRINCIPALI QUESITI:

A) LA DURATA DEL PERIODO DI SERVIZIO TRASCORSO IN REGIME DI PART-TIME COME INCIDE ?

RISPOSTA: vale quanto un anno di lavoro a tempo pieno ai fini del conseguimento del diritto alle prestazioni previdenziali. A differenza di quanto si pensa il lavoro part-time, infatti, non allontana la pensione ma influisce esclusivamente sulla misura della stessa dato che la retribuzione percepita dal lavoratore sarà inferiore e ciò si riverbererà inevitabilmente sulla rendita pensionistica. Ad esempio se un soggetto lavora 30 anni a tempo pieno ed altri 10 anni con lavoro part-time l’anzianità contributiva che potrebbe vantare al termine della carriera lavorativa sarebbe sempre pari a 40 anni.  Ciò che cambia è la misura della pensione. E’ evidente che la prestazione sarà inferiore a quella che sarebbe stata maturata con il tempo pieno. E’ infatti inevitabile che, diminuendo la retribuzione percepita durante l’anno, diminuirà anche il valore dell’assegno. Quindi tanto maggiore è il periodo di part-time tanto superiore sarà la riduzione dell’importo della pensione futura.

b) COSA CAMBIA PER CHI SCEGLIE  ORA DI SVOLGERE ATTIVITA’ DI LAVORO IN REGIME DI PART-TIME E SINO AL COLLOCAMENTO A RIPOSO ?

RISPOSTA: Per chi sceglie il part-time dopo il 2011, magari decidendo di concludere ad orario ridotto gli ultimi anni di carriera lavorativa, gli effetti negativi legati ad un calo della retribuzione esplicheranno i propri effetti esclusivamente sulle quote dell’assegno determinate con il sistema contributivo. Infatti, considerato che nel sistema contributivo, l’accantonamento dei contributi dipende esclusivamente dalla retribuzione del lavoratore un abbassamento della retribuzione dovuta al part-time si tradurrà in un valore inferiore di contributi sui quali poi sarà calcolato il montante complessivo della pensione. Il periodo di lavoro svolto, però, prima del 2011, venendo calcolato con il sistema retributivo non viene svalutato,anche se si termina la carriera lavorativa ad orario ridotto. Tanto è dovuto al fatto che l’ordinamento riconosce al lavoratore una retribuzione pensionabile pari a quella che avrebbe ricevuto se fosse rimasto con un rapporto a tempo pieno ampliando il lasso temporale entro cui ricercare le retribuzioni pensionabili per il calcolo della QUOTA A (ultimi cinque anni per anzianità maturata entro il 1992) e della QUOTA B (ultimi 10 anni per anzianità maturata dal 1993 sino al 1995 o sino 2011 a seconda dei casi) di un periodo pari esattamente al numero di settimane mancanti all’anno pieno ai fini della misura della pensione. Questo meccanismo impedisce, in definitiva, che gli ultimi anni di lavoro svolto a part-time possano incidere negativamente sulle quote retributive dell’assegno; si tratta di una clausola di salvaguardia particolarmente importante. In alcuni casi addirittura è possibile che il pensionato ci guadagni qualcosa in quanto ampliandosi il periodo di riferimento per la ricerca delle ultime 260 e 520 settimane si andranno a rivalutare a ritmi maggiori le retribuzioni più remote nel tempo. Tale sistema si applica anche nella scuola: per la determinazione sia della QUOTA A CHE DELLA QUOTA B  di pensione si continuerà ad utilizzare il valore della retribuzione virtuale prevista per un rapporto di lavoro a tempo pieno. Ciò basta ad evitare un effetto negativo sulle quote di pensione con il sistema retributivo. Ovviamente l’anzianità maturata dal 2012, soggetta al calcolo contributivo, sarà commisurata all’ammontare dei versamenti effettuati fino al momento delle pensione e, pertanto, in caso di part-time sarà minore rispetto a quella di un lavoratore a tempo pieno. 

Per ovviare alla perdita della contribuzione occorre ricordare che i periodi di lavoro part-time possono essere riscattati, ai fini della misura del trattamento pensionistico, a condizione che risultino non lavorati e che siano collocati entro il periodo temporale del rapporto di lavoro. O in alternativa si può chiedere la prosecuzione volontaria della contribuzione ad integrazione della retribuzione persa. Generalmente i contributi versati dal lavoratore contribuiranno esclusivamente alla determinazione dell’importo del trattamento pensionistico salvo ove non sia stato rispettato, con il lavoro a tempo parziale, il minimale per l’accredito di un anno di contributi (nel qual caso è possibile anche coprire ai fini del diritto alla pensione le settimane mancanti all’anno pieno).  Agli effetti del part-time sulla pensione devono porre attenzione soprattutto i giovani entrati nel mondo del lavoro dopo il 1995. Chi è nel sistema contributivo puro deve, infatti, considerare che questo sistema richiede per l’accesso alla pensione di vecchiaia che il primo rateo della pensione superi un determinato importo soglia, pari a 1,5 volte il valore dell’assegno socale,  cioè circa 650 euro al mese. Lavorare per metà della carriera lavorativa con contratti di lavoro part-time potrebbe, pertanto, non far raggiungere il predetto importo e costringere il lavoratore a posticipare l’accesso finchè tale condizione non risulti raggiunta. 

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