RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI: RUBATI 4,5 MILIARDI DI EURO AI PENSIONATI !!!!

Con questo nostro intervento vogliamo porre in evidenza e denunciare come l’attuale Governo, come i precedenti,

predica  bene, razzola malissimo e ruba ai pensionati !!!!

A parte ogni considerazione sul contratto da fame sottoscritto con le cosiddette OO.SS. rappresentative, ci troviamo ora a parlare del furto perpetrato a danno dei pensionati pari a circa 4,5 MILIARDI DI EURO !!!!

Parliamo della PEREQUAZIONE DELLE PENSIONI SPETTANTE A TUTTI COLORO CHE GODONO DI UN TRATTAMENTO PREVIDENZIALE PUBBLICO( quindi rientrano sia le pensioni dirette (es.vecchiaia, anticipata, etc,)  sia quelle indirette cioe’ di reversibilità.

Innanzi tutto vediamo cosa si intende PER PEREQUAZIONE.

Tale termine identifica  la rivalutazione dell’importo pensionistico legato all’inflazione.  Attraverso questo sistema l’importo della pensione  viene adeguato all’aumento del costo della vita come indicato dall’Istat.

Appare ecidente che il legislatore  ha voluto  proteggere il potere d’acquisto del trattamento previdenziale pensionistico qualsiasi esso sia.

E’ pur vero che in questi ultimi anni le modalità di erogazione della rivalutazione sono state piu’ volte riviste dal legislatore a causa di problemi di finanza pubblica e del deficit patologico che accompagna la spesa pensionistica, arrivando addirittura a sospenderlo per alcuni anni, ma il furto del 2023 è eclatante !!!

La perequazione delle pensioni è stata introdotta dal 1° gennaio 1999 dall’articolo 34, comma 1 della L. 448/1998. Tale sistema di adeguamento prende a riferimento il reddito complessivo derivante dal cumulo dei trattamenti erogati dall’Inps 

Sino al 31 Dicembre 2011. Prima della Riforma Fornero, la legge n. 388/2000 aveva suddiviso – a partire dal 1° gennaio 2001 – la perequazione in tre fasce all’interno del trattamento pensionistico complessivo e l’adeguamento veniva concesso in misura piena, cioè al 100% per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo; scendeva al 90% per le fasce di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo; e ancora calava al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo. Certo non condivisibile ma sopportabile come taglio e come contributo da dare al bilancio dello Stato. 

Dal 1° gennaio 2012 vi è stato un  blocco temporaneo per il  biennio 2012-2013 dell’indicizzazione per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo (cioè euro  1.405,11 nel 2011).

Dal 1° gennaio 2014 la legge n. 147/2013 ha introdotto un nuovo strumento perequativo che, abbandonando i criteri di progressività, ha optato per una rivalutazione unica applicata direttamente sull’importo complessivo del trattamento pensionistico. 

Nel 2022 è tornata la rivalutazione per scaglioni d’importo (cioè progressiva strutturata per tre fasce) ma il tutto è stato limitato al solo anno 2022.

La legge n. 197/2022 ha, infatti, ripristinato per il biennio 2023-2024 la rivalutazione sull’importo complessivo del trattamento, però abolendo le tre fasce ed introducendo un nuovo sistema di calcolo basato su 6 fascie con questo compromettendo i reali aumenti che sarebbero spettati a tutti i pensionati, 

Infatti, ai sensi dell’art. 1, co. 235 della legge n. 197/2022,  si ha la seguente suddivisione in fasce degli aumenti del trattamento pensionistico spettante in base al tasso di inflazione del 7,3% calcolato dall’ISTAT

  • 100% per i trattamenti pensionistici sino a quattro volte il trattamento minimo (TM);
  • 85% per i trattamenti pensionistici compresi tra quattro e cinque volte il Tm;
  • 53% per i trattamenti pensionistici compresi tra cinque e sei volte il Tm;
  • 47% per i trattamenti compresi tra sei e otto volte il Tm;
  • 37% per i trattatamenti compresi tra otto e dieci volte il Tm;
  • 32% per i trattamenti superiori a dieci volte il Tm

L’INPS in data  24 gennaio 2023 ha comunicato che con la pensione di Gennaio 2023  si è provveduto ad attribuire la rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali nella misura del 100%  DEL 7,3% DI AUMENTO DA CALCOLARE SUL LORDO PENSIONE PER  I PENSIONATI che abbiano ottenuto in pagamento, nel 2022, rate di pensione per un importo inferiore o uguale a 2.101,52 euro.

Gli aumenti per tutte le altre pensioni si avranno dalla rata mensione del mese di marzo 2023 . Sempre a marzo saranno posti in pagamento gli arretrati riferiti ai mesi di gennaio e febbraio 2023.

In relazione alla tabella sopra riportata si potrebbero avere i seguenti aumenti (previsione):

  • Pensioni fino a 2.101,52 euro  (importo lordo della pensione) l’aumento in euro è di circa 164 euro al mese (rispetto al precedente sistema del 2022 l’aumento è invariato);
  • Pensioni fino a 2.627 euro lorde l’aumento  è di circa 175 euro al mese (con il sistema 2022 sarebbe stato di 185 euro); DECURTAZIONE DI 10 EURO MENSILI
  • Pensioni fino a 3.152,28‬ euro  lorde l’aumento è di circa 131 euro al mese (con il sistema 2022 sarebbe stato di 186 euro); DECURTAZIONE DI 50 EURO MENSILI
  • Pensioni fino a 4.203 euro lorde l’aumento è di circa 154 euro al mese (con il sistema 2022 sarebbe stato di  247 euro); DECURTAZIONE DI 90 EURO MENS.
  • Pensioni fino a 5.253,38 euro lorde l’aumento  è di circa 152 euro al mese (con il sistema 2022 sarebbe stato di 309 euro); DECURTAZIONE DI 150 EURO MENS.
  • Pensioni oltre 5.253,38 euro lorde  è di circa 131 euro al mese(con il sistema 2022 sarebbe stato  di 308 euro). DECURTAZIONE DI 170 EURO MENSILI 

Come è facile vedere il Governo ha puntato a tagliare gli aumenti per le pensioni che vengono considerate alte, trascurando che tale taglio si basa su  calcoli operati sul lordo e non sugli importi netti che i pensionati riscuotono e con cui devono far fronte all’aumento del costo della vita arrivato ormai al 11% di inflazione. 

Ha dimenticato, sempre il Governo,  che il pensionato, in una situazione di grande crisi economica contribuisce con la  pensione a mantenere il proprio nucleo familiare e spesso anche quello di figli e nipoti.

Ha dimenticato che l’aumento perequativo è legato al costo della vita e non può essere inopinatamente decurtato incidendo sul diritto riconosciuto anche da sentenze della Corte di Cassazione; non basta dire ipocritamente: “abbiamo tagliato gli assegni più alti lasciando inalterati quelli bassi”, perchè una pensione di 2627 euro lordi è pari a poco più di 1800 euro netti dopo 40 e oltre anni di servizio, per cui l’assegno pensionistico è frutto di contributi regolarmente versati dal lavoratore che, non essendo più in servizio e non godendo di aumenti contrattuali, ha titolo al regolare adeguamento del proprio assegno pensionistico.

Il furto perpetrato a danno dei pensionati comporta un risparmo di circa 2, 5 miliardi per il solo  2023, e di circa 4,5 miliardi nel 2024.

Il ladro….cambia il pelo …..ma non il vizio di prendersela sempre con i redditi accertabili tralasciando la lotta all’evasione e dei capitali investiti all’estero dalle multinazionali operanti nel nostro paese !!!!

CHE VERGOGNA !!!