CONFERIMENTO SUPPLENZA IN BASE A ERRATA VALUTAZIONE DEI TITOLI: E’ VALIDO IL SERVIZIO PRESTATO ?

Al personale docente ed ata cui viene conferita la supplenza annuale oppure supplenza temporanea, l’istituzione scolastica che ha provveduto alla nomina deve procedere al riscontro e controllo dei punteggi in base ai titoli presentati nella domanda di inserimento nelle graduatorie provinciali o di istituto. Ovviamente, al termine di detto controllo deve emettere un provvedimento di convalida ovvero di rettifica del punteggio da notificare all’interessato e, nel caso di rettica, all’UST competente per territorio e alle scuole in cui l’interessato risulta incluso nelle rispetttive graduatorie di istituo. 

Tale controllo, il più delle volte, non viene fatto in via immediata (abbiamo notizia di controlli fatti addirittura in prossimità della fine delle lezioni) per cui si verifica che il docente o il personale ata, nelle more, presti anche molti mesi di servizio. 

Una delle questioni che ne deriva,  è quella relativa alla valutazione del  servizio prestato con punteggio errato.

In questi casi si deve prima di tutto accertare se il punteggio conseguito sia dovuto a una  dichiarazione mendace dell’aspirante ovvero ad un semplice errore materiale determinato dalla complessità delle modalità di dichiarazione. 

Ma l’errore nella definizione del punteggio può essere imputabile anche alla Pubblica Amministrazione nel caso di attribuzione di punteggio non spettante.

Il punto controverso è certamente  quello relativo alle conseguenze di tali errori, ossia, in sostanza, se gli stessi incidono nell’ambito delle graduatorie e nella valutazione del servizio prestato. 

Come si diceva,l’attribuzione dei punteggi nelle Graduatorie molte volte dipende anche dalla errata valutazione del servizio prestato ovvero dei relativi titoli culturali dichiarati. 

Appare evidente che la scuola deve innanzi tutto appurare se l’errore sia dovuto a:

  • dichiarazione mendace;
  • errore materiale;
  • attribuzione di punteggio errato da parte della PA.

La fonte normativa che disciplina, per i docenti, tale evenienza è l’ordinanza ministeriale n. 112/2022 disciplinante l’aggiornamento delle GPS per il biennio 2022/2024.

Infatti, tale ordinanza prevede che:

  • “Fatte salve le responsabilità di carattere penale, è escluso dalle graduatorie, per tutto il periodo della loro vigenza, l’aspirante di cui siano state accertate, nella compilazione del modulo di domanda, dichiarazioni mendaci”.

La stessa ordinanza, stabilisce, poi, che: 

  • “l’eventuale servizio prestato dall’aspirante sulla base di dichiarazioni mendaci è, con apposito provvedimento emesso dal dirigente scolastico, dichiarato come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che lo stesso non è menzionato negli attestati di servizio richiesti dall’interessato e non è attribuito alcun punteggio, né è utile ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio e della progressione di carriera, salva ogni eventuale sanzione di altra natura”.

Cosa del tutto diversa si ha quando si è in presenza di  errori materiali.

In tale ipotesi, la correzione del punteggio non incide sulla validità del servizio effettuato. Stessa situazione ricade anche quando l’errore non è da ricercarsi nella  dichiarazione inesatta dell’interessato, ma, piuttosto, da una valutazione imprecisa da parte della Pubblica Amministrazione.

Pertanto, l’unica circostanza in cui un servizio viene riconosciuto soltanto per come è stato effettivamente svolto e non per diritto (rendendolo, di conseguenza, non valido per l’assegnazione del punteggio né rilevante per l’anzianità o la progressione di carriera) avviene quando la dichiarazione è intenzionalmente falsa o fatta con grave negligenza da parte del dichiarante. Tale situazione può, come già detto, comportare anche l’eliminazione dalla graduatoria.

In definitiva, pertanto,  se l’errore è commesso dalla PA e non è imputabile al personale scolastico, questo non può pagarne le conseguenze qualora abbia fatto affidamento su quell’errore; se è pacifico, però,  che dall’errore possa derivare la nullità del contratto di lavoro, qualora non spettante, lo stesso discorso non può sostenersi per il punteggio, che andrebbe riconosciuto, come sostenuto da diverse sentenze nel corso degli anni.  

Si veda, proprio, al riguardo, la nota dell’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana n. 0002662 del 2 marzo 2021, che, sulla questione, ha chiarito che -in caso di errori nell’attribuzione delle supplenze da parte delle scuole- va riconosciuto il punteggio per il servizio prestato.

Il Direttore Generale dell’USR Toscana, Dott. Ernesto Pellecchia, nel diramare la nota, ha inteso precisare che “il servizio effettivamente prestato in virtù di un rapporto di lavoro, successivamente oggetto di risoluzione o recesso da parte della scuola, in conseguenza di una rettifica del punteggio e del conseguentemente riposizionamento in graduatoria, per cause non addebitabili all’interessato, produce effetti anche ai fini giuridici ed economici, per il periodo in cui vi è stata regolare prestazione lavorativa”

Anche il Giudice del del lavoro del Tribunale di Lanciano ha osservato che mentre il precedente DM n.717/2014 prevedeva la mancata assegnazione del punteggio (“In dipendenza delle determinazioni di cui al comma precedente, l’eventuale servizio prestato dall’aspirante sulla base di erroneo punteggio, ovvero in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà dichiarato, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al precedente comma 5, come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che allo stesso non deve essere attribuito alcun punteggio”), tale previsione non è più contemplata nelle successive disposizioni regolamentari (quali appunto i citati DM n.640/2017 e DM n.50/2021: L’art. 7, comma 7, del predetto D.M. non consente, dunque, di rideterminare i punteggi attribuiti agli aspiranti sulla base di una diversa valutazione degli stessi, ma solo ed esclusivamente nel caso in cui tali servizi siano stati resi in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo o sulla base di dichiarazioni mendaci” (Trib. Lanciano, sentenza n.82/2021).