IL TRIBUNALE DI FOGGIA RESPINGE IL RICORSO PER OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DEL SERVIZIO PRESTATO NELLA SCUOLA PARITARIA, ALTRI TRIBUNALI LO ACCOLGONO: SONO LE ASSURDITA’ DEL NOSTRO ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Il Tribunale di Foggia con sentenza del 15 febbraio 2023, dopo alterni rinvii dell’udienza e molto tempo dal deposito del ricorso (ma è un classico per il tribunale di Foggia) respinge il ricorso patrocinato da questo sindacato tendente ad ottenere il riconoscimento ai fini della carriera del servizio pre ruolo prestato nelle scuole paritarie da docenti della nostra provincia

A parere del G.O., pur prendendo atto che  il legislatore ha inteso riconoscere all’insegnamento svolto nelle scuole paritarie private lo stesso valore di quello che viene impartito nelle scuole pubbliche, garantendo un trattamento scolastico equipollente agli alunni delle une e delle altre, da intendere tale equipollenza non solo con riguardo al riconoscimento del titolo di studio, ma anche con riguardo alla qualità del servizio di istruzione erogato dall’istituzione scolastica paritaria, tuttavia, ciò non dà luogo all’equiparazione del rapporto di lavoro
che intercorre con la scuola paritaria, con quello instaurato in regime di pubblico impiego privatizzato, attesa la persistente non omogeneità dello status giuridico del personale docente, come si evince già dalla modalità di assunzione, che nel primo caso può avvenire al di fuori dei principi concorsuali di cui all’art. 97 Cost.

Insomma, a parere del Giudice adito si può insegnare e contribuire al successo formativo degli studenti nelle scuole paritarie, è lecito ed acclarato che il titolo di studio conseguito è equipollente a quello conseguito nelle scuole statali, ma il servizio è comunque da considerare privato e non finalizzato all’istruzione pubblica. 

Una conclusione non condivisibile e del tutto incongruente, atteso, fra l’altro, che a diverse conclusioni è giunto, per esempio il 26 maggio 2022, il Tribunale di Palermo, che ha invece  riconosciuto l’intero servizio paritario prestato da un docente presso un Istituto paritario salesiano, Istituto Don Bosco.

Nella sentenza, infatti, il Giudice del predetto tribunale ha così sancito (fra l’altro si trattava di un istituto addirittura pareggiato) “rilevato che, nella specie, l’Istituto in cui la parte ricorrente ha prestato servizio era un Istituto Provinciale pareggiato, cui si applica proprio la norma citata, del l’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, che parifica il servizio ivi prestato a quello prestato nelle scuole statali, proprio ai fini della ricostruzione della carriera, avendo il legislatore così valutato a monte l’esistenza del presupposto dell’omogeneità delle posizioni professionali. Appare, quindi, irrilevante che il legislatore con successivo intervento abbia trasformato anche le scuole pareggiate in paritarie, perché tale intervento formale non muta in concreto la natura e le caratteristiche dell’Istituto scolastico pareggiato, sicché, in assenza di prova di un sostanziale mutamento di dette condizioni – il cui onere probatorio incombeva sulla parte convenuta – deve ritenersi che i servizi prestati presso di esso abbiano mantenuto le medesime caratteristiche di quelli prestati nelle scuole statali,presentando quindi quella omogeneità di struttura, delle prestazioni e delle modalità del loro svolgimento che renderebbero ingiustificato, anche a mente della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, il diniego del loro riconoscimento ai fini della ricostruzione della carriera. Deve, quindi, ritenersi che la norma dell’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994 continui ad applicarsi alle scuole che prima della riforma erano pareggiate, a meno che risulti provato che esse, nelle more, hanno mutato le proprie caratteristiche tanto da portare ad escludere in concreto che esse siano equiparabili alle scuole statali, come la norma in parola prevede quanto ai servizi in esse prestati”.

Di fronte a tali diverse e contrastanti conclusioni cui giungono giudice appartenenti all’ordine giudiziario ci verrebbe da dire che in Italia  più che “pregare” per ottenere giustizia occorre  “pregare” per essere fortunati  ad ottenere il giudice chiamato ad esaminare il ricorso.

Il nostro studio legale sta in ogni caso esaminando la possibilità di produrre ricorso in appello.