REGIONALIZZAZIONE DELLA SCUOLA: LES JEUX SONT FAITS, RIEN NE VA PLUS ?

Nonostante i dissidi (quanti finti e quanti reali ?) all’interno della maggioranza di governo che guida questo paese, sembra che sia stata raggiunta l’intesa in tema di attribuzione di autonomia  ad alcune regioni su molte materie già di competenza statale.

Fra le materie di maggiore rilevanza che passerebbero alle diretta ed esclusiva competenza di alcune regioni del nord, la scuola rappresenta sicuramente quella su cui si è puntato maggiormente l’interesse della opinione pubblica ma, diremo, proprie delle regioni che da alcuni anni lottano per ottenere piena autonomia nella gestione del servizio scolastico.

Nell’allegare le bozze di accordo che riguardano per il momento Lombardia – Veneto  Emilia-Romagna, vogliamo anche riportare quanto affermato dal nuovo segretario provinciale della FLP SCUOLA FOGGIA, dott. Giuseppe De Sabato, durante il suo intervento nel recente CONGRESSO PROVINCIALE tenutosi il 21 giugno 2019

“……. Il progetto tenderebbe a dare  maggiore autonomia alle regioni interessate che, quindi, avranno  una diretta responsabilità sul territorio per talune materie congiuntamente al trasferimento alle stesse regioni delle risorse necessarie per far fronte alle nuove attribuzioni.

Le regioni attualmente coinvolte in tale processo sono: il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna. ma ci risulta che anche altre regioni, quali Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Marche hanno avanzato analoghe richieste.

In questo contesto, appare evidente che uno dei settori interessati al «processo autonomistico», e su cui si punta,  riguarda proprio la scuola, tanto e’ vero che si sta parlando di: REGIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA SCOLASTICO

L’articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede che la legge ordinaria possa attribuire alle regioni “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione interessata”. La disposizione sino ad oggi non ha trovato piena attuazione nonostante sia stata introdotta nell’ambito della riforma del titolo V della Costituzione del 2001.

 Invero, la situazione era già cambiata con il precedente governo a guida Gentiloni.  Infatti, il 28 febbraio 2018,  il governo del tempo sottoscrisse con le regioni interessate tre distinti accordi preliminari che avevano individuato i principi generali, la metodologia e un (primo) elenco di materie in vista della definizione dell’intesa. 

Il progetto autonomistico prevede che sulle materie individuate vi sia una in gestione esclusiva delle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, sottraendole a quella congiunta dello Stato. 

In sostanza, i servizi pubblici individuati non saranno uguali su tutto il territorio nazionale, ma dipendenti, piuttosto, dal “gettito fiscale” delle regioni. 

Infatti, la “compartecipazione al gettito maturato nel territorio regionale dell’imposta sui redditi e di eventuali altri tributi erariali”, come recita il testo su cui il governo ha trovato l’accordo, servirà a finanziare le competenze aggiuntive chieste dalle regioni.  Nei primi anni, ciò avverrà in base alla spesa storica, cioè quella che oggi lo Stato sostiene sul territorio per le stesse funzioni.

 Un esempio: oggi lo Stato spende in Lombardia 5,6 miliardi per la scuola; ebbene, se tutto il pacchetto istruzione sarà assegnato alla regione, dovrà essere accompagnato da 5,6 miliardi di irpef-iva “compartecipata”. Se la regione produce “però più soldi”, cioè le variazioni di gettito maturate nel territorio della Regione dei tributi compartecipati o oggetto di aliquota riservata rispetto alla spesa sostenuta dallo Stato nella Regione, questi soldi restano nel fondo regionale

Cosa accadrebbe per il settore dell’istruzione

Le  regioni cui verrebbe concessa l’autonomia potranno gestire in maniera autonoma :

  • Dai i concorsi agli organici:, dai trasferimenti del personale all’obbligo di residenza nella regione di assegnazione in ruolo; dirigenti, docenti ed ata diventerebbero dipendenti regionali, con un contratto «ad hoc» del settore enti locali, e previsione di contratti integrativi diversificati in ragione dell’ente regionale di appartenenza.
  • Il personale già di ruolo, ad eccezione dei dirigenti scolastici, potrà scegliere di restare alle dipendenze dello Stato ovvero transitare nei ruoli regionali. Il personale a tempo determinato passa alle dipendenze della regione.
  • la programmazione dell’offerta formativa, sistema di valutazione, eventuali integrazione alle indicazioni nazionali per il primo e secondo ciclo relativi ai «contenuti» delle discipline saranno oggetto di specifica normativa regionale,
  • entro tre anni occorrerà determinare il fabbisogno standard (vero obiettivo dell’autonomia). ove ciò non avvenga, lo Stato dovrà assegnare alle regioni interessate non meno della media pro-capite per regione (quindi già maggiori risorse rispetto a quelle ore individuate dalla spesa storica)
  • la Regione Veneto, per esempio, a regime, per far fronte alla spese per le nuove materie assegnate (fra cui appunto la scuola) accederà alle risorse derivanti dal proprio gettito fiscale. In sostanza, quindi, se si produce di più e si ha maggiore occupazione, le maggiori entrate restano solo al Veneto, mentre lo Stato potrà contare, per le spese di compartecipazione per le altre regioni, solo alle risorse di bilancio statale, che non saranno più implementate dalle attuali quote derivate dalle risorse delle regioni cui e’ stata concessa l’autonomia.
  • insomma, si otterrà quel sistema scolastico con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio e non un sistema scolastico univoco sull’intero territorio nazionale; stipendi diversificati, offerta formativa diversificata, alternanza scuola lavoro su base regionale, welfare studentesco e percorsi educativi diversificati, etc
  • cessa il ruolo dello Stato quale garante dell’unità nazionale, fondata sulla solidarietà e perequazione di attribuzione di risorse che tengono conto delle aree con problemi sociali ed economici, che, purtroppo, sono presenti essenzialmente nelle regioni del sud.

 Su tale problema, occorre forte l’impegno di tutti noi, la sollecitazione ai nostri parlamentari, a quelli soprattutto che fanno oggi parte dei partiti che guidano l’attuale maggioranza:  Si è stati eletti dal popolo del Sud ed è a questo  che bisogna rispondere del proprio operato.

La scuola pubblica statale deve avere il coraggio di scendere in campo oggi, occorre prendere posizione e contrastare chi ci accusa che siamo soliti  trincerarci dietro al “cosiddetto vittimismo del sud”: Non è così, NOI AFFERMIAMO, INVECE, che lo Stato non può trasferire ulteriori competenze senza che abbia prima definito i LIVELLI ESSENZIALE DELLE PRESTAZIONI valide sull’intero territorio nazionale. Il nostro impegno, e quello dei nostri parlamentari, e mi auguro anche di quelle OO.SS. che si definiscono rappresentative, deve essere quello di chiedere a gran voce che servono prima di tutto interventi differenziati a favore delle regioni più svantaggiate sul piano economico e sociale.

 L’attribuzione “sic et simpliciter” di maggiori competenze in materia di istruzione alle regioni più ricche avrà come conseguenza l’aumento delle disuguaglianze violando proprio l’art.3 della nostra Costituzione, ove si afferma che ….”è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.