DIRIGENTI SCOLASTICI: LA CORTE DEI CONTI CHIEDE IL RISPETTO DELLA LEGGE E IMPONE LA ROTAZIONE DEGLI INCARICHI

La Corte dei Conti è intervenuta a “gamba tesa” sull’operato del Ministero dell’Istruzione invitandolo a rispettare la legge per quanto attiene all’incarico del dirigente scolastico sulla stessa scuola

Si tratta di una delle norme scritte nel 2001 ma mai applicata a scuola dagli uffici scolastici regionali: la norma anti corruzione che impone ai dirigenti di avere incarichi a rotazione perchè gestiscono appalti e acquisti per la pubblica amministrazione istruzione.

La norma, confermata nel 2012, per la Corte dei Conti dovrà finalmente essere applicata obbligatoriamente, pena la non registrazione dei contratti degli stessi dirigenti scolastici

“Dal prossimo anno i dirigenti scolastici che hanno già svolto due mandati nello stesso istituto (cioè sei anni, ndr), andranno trasferiti. Lo prevede una norma. E se non la applico, la Corte dei conti non registrerà più i vostri contratti” dice Rocco Pinneri, direttore dell’USR Lazio. E come per la regione Lazio la norma dovrà essere applicata in tutto il Paese.

Si calcola che un dirigente su 6 degli oltre 7500 potrà essere soggetto a trasferimento perchè in scadenza del mandato triennale rinnovato per la seconda volta.

La norma in effetti serve a evitare che i dirigenti instaurino rapporti correttivi per l’istituto che dirigono ma nello specifico potrà evitare anche il fatto che possano gestire un istituto per decenni come un vero e proprio feudo personale nell’istituto. C’è anche da dire che spesso l’avvicendamento “espone” i dirigente che lascia l’incarico ad una verifica da parte di chi viene dopo. Ci sono scuole dove un dirigente rimane in carica anche per 20 anni indisturbato, senza verifiche nè controlli.

Ovviamente,  è sceso in campo il Presidente dell’ANP Giannelli (al pari di altri pseudo difensori, a seconda della convenienza, della legge) 

Il “buon Giannelli” si è così espresso:  “Il mondo della scuola è molto variegato, fa parte della pubblica amministrazione ma ha modalità completamente a sé. Non può essere accomunato alla PA in tutto e per tutto perché vive dinamiche molto diverse. Nella scuola non ci sono molti soldi quindi parlare di rischio di corruzione all’interno degli istituti è abbastanza inappropriato, direi che intervenire in questo modo in nome dell’anti corruzione è inaccettabile e non condivisibile“.

“In un istituto la dipartita di un dirigente produce una inevitabile cesura sull’azione amministrativa. La continuità viene interrotta ed è inaccettabile che questo avvenga solo per un automatismo della norma. Un intervento “a prescindere” non va mai bene“.

Si tratta, come è ovvio, di difendere un “privilegio” non previsto dalla legge .

Il predetto dirigente, è sempre pronto a richiamare al rispetto della legge il personale, come spesso si sente dire, “sotto-ordinato”, dimenticando che la scuola si caratterizza da tutte le altre organizzazione complesse proprio perchè è una “comunità

Proprio l’articolo 24 dell’ultimo contratto collettivo del comparto scuola,  conferma la configurazione della scuola come comunità educante di cui sono parte integrante il dirigente scolastico, il personale docente e educativo, il DSGA e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, le famiglie e gli alunni e gli studenti.

La scuola  è luogo di relazioni, in contatto con la più ampia comunità civile e sociale di cui è parte. La qualità delle relazioni sono, infatti, un fattore determinante che abbiamo potuto ben sperimentare con l’esperienza del lockdown, dove è stata garantita l’offerta formativa ma la mancanza di relazioni ha inciso fortemente su apprendimenti, sviluppo e successo formativo.

Proprio per questo motivo, non si può non sottolineare come se si chiede il rispetto delle norme per il personale scolastico (di cui, noi riteniamo faccia parte anche il dirigente scolastico), è opportuno che tutti, salvo che le norme non vengano cambiate, si “inchinino” al rispetto della legge senza privilegi alcuno e senza rivendicare una difesa di rendita di posizione che non proietta nell’opinione pubblica una immagine di legalità e trasparenza dell’azione della P.A.