Lavoratori, in arrivo aumenti di stipendio fino al 5% annuo e tutti gli arretrati, torna la “scala mobile”: le novità
Dopo 33 anni torna il meccanismo che aggancia le buste paga al carovita. La bozza della legge di bilancio prevede aumenti automatici fino al 5% annuo per i contratti non rinnovati e il pagamento retroattivo degli arretrati. Ma c’è chi teme una nuova spirale inflazionistica. Ecco tutti i dettagli A distanza di oltre tre decenni dalla sua abolizione avvenuta il 31 luglio 1992, il fantasma della scala mobile torna a materializzarsi nel panorama economico italiano. La bozza della legge di bilancio attualmente in discussione contiene, infatti, una norma che richiama proprio quel sistema di adeguamento automatico che, per anni, ha legato gli stipendi dei lavoratori all’andamento dell’inflazione. Il meccanismo proposto dal Governo prevede che, qualora i contratti collettivi di lavoro non vengano rinnovati entro due anni dalla loro scadenza naturale, le retribuzioni dei dipendenti saranno automaticamente adeguate seguendo la variazione dell’Ipca, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea. L’adeguamento però non sarà illimitato come nella vecchia scala mobile, ma rispetterà un tetto massimo del 5% annuo, con decorrenza fissata al primo gennaio 2026. Questo significa che i lavoratori con contratti scaduti e non ancora rinnovati vedranno comunque crescere la propria busta paga in proporzione al carovita, anche se le parti sociali non dovessero raggiungere un accordo. Per sostenere questa riforma e favorire il rinnovo dei contratti, l’esecutivo ha stanziato due miliardi di euro per il triennio 2026-2028, risorse destinate alla detassazione degli aumenti contrattuali e pensate per sbloccare situazioni negoziali spesso ferme da anni.
A partire dal 1° gennaio 2026 cambieranno le regole per migliaia di lavoratori italiani che vivono situazioni di fragilità personale o familiare: ecco le novità in arrivo con la Manovra 2026 e con l’entrata a regime della nuova Legge 106/2025.
Con la Legge 106 del 18 luglio 2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 luglio ed entrata in vigore il 9 agosto, il legislatore introduce una serie di modifiche alla storica Legge 104 del 1992, che da oltre trent’anni rappresenta il principale riferimento normativo in materia di assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone con disabilità. La nuova normativa non stravolge l’impianto originario della 104, ma ne amplia la portata, introducendo strumenti aggiuntivi per sostenere chi si prende cura di familiari in condizioni di disabilità grave o di malattia invalidante, e per tutelare chi affronta in prima persona patologie croniche o oncologiche. Si tratta, come ha riconosciuto lo stesso governo, di un passo in avanti verso un welfare più inclusivo, anche se non mancano le perplessità legate alle lacune ancora presenti nel sistema di protezione sociale.
Pensioni, cambia tutto dal 2027:chi potrà godere dell’uscita anticipata ?
Il tema delle pensioni torna a occupare un posto centrale nella discussione politica che accompagna la nuova Legge di Bilancio. Dopo settimane di trattative interne e di confronto con i tecnici del Ministero dell’Economia, il Governo ha sciolto uno dei nodi più complessi, ovvero l’aumento dell’età pensionabile previsto per il 2027. La scelta finale punta a una soluzione di equilibrio, che consente di attenuare l’impatto dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita e di introdurre una certa gradualità negli incrementi. L’età di pensionamento salirà di 3 mesi, ma non in modo immediato. La cosiddetta “sterilizzazione”, confermata dal ministro Giorgetti, prevede infatti un mese aggiuntivo dal 2027 e altri due nel 2028, posticipando così l’aumento totale. Una decisione che tiene conto delle difficoltà di molti lavoratori prossimi alla pensione e che lascia comunque al Parlamento la possibilità, nel 2027, di intervenire per modificare le soglie in base al contesto economico e demografico del momento. Non tutti, tuttavia, saranno interessati da questo rialzo. Restano, infatti, esclusi dall’aumento dell’età pensionabile coloro che svolgono attività particolarmente pesanti o usuranti, per i quali la legge continua a prevedere requisiti di uscita più favorevoli. Si tratta delle categorie di lavoratori individuate dal d.lgs.. Vi rientrano, tra gli altri, i soggetti impegnati in mansioni fisicamente logoranti o ripetitive, chi opera su turni notturni durante tutto l’anno, gli addetti alle linee di montaggio e i conducenti di mezzi pubblici con più di nove posti a sedere. A queste figure si affiancano i cd. “lavori gravosi”, introdotti dalla Legge di Stabilità 2017, che comprendono numerose professioni spesso dimenticate, sebbene essenziali per il funzionamento quotidiano del Paese. Si tratta di addetti alle pulizie, facchini, operatori per lo spostamento merci, camionisti e conducenti di treni, ma anche gruisti, perforatori, infermieri e ostetriche che lavorano su turni, maestri d’asilo, operai edili, manutentori e operatori ecologici. Si tratta dunque di una platea piuttosto ampia e diversificata, ma accomunata dalla fatica costante e dal peso fisico e psicologico delle mansioni di ciascuno. La legge di bilancio del 2018 ha poi ampliato ulteriormente l’elenco, includendo categorie storicamente esposte a condizioni di lavoro difficili. Tra queste, i marittimi e i pescatori, gli operai agricoli e quelli del comparto siderurgico, tutti accomunati da un’elevata intensità lavorativa e da rischi professionali significativi. L’obiettivo della nuova riforma delle pensioni, dunque, è garantire un sistema previdenziale capace di reggere l’impatto dell’invecchiamento della popolazione, senza scaricare interamente il peso sugli individui che svolgono attività più dure o logoranti. È una strategia di compromesso, che cerca di equilibrare la necessità di contenere la spesa pubblica con il dovere di proteggere chi, per la natura del proprio lavoro, arriva alla pensione già stanco.
Accesso abusivo a sistemi informatici: la Cassazione ribadisce la punibilità
La Cassazione conferma che l’accesso abusivo a un sistema informatico resta sempre penalmente rilevante, anche se effettuato per fini personali. la Cassazione, con sentenza n. 30516/2025, ha accolto il ricorso, rinviando il caso ai giudici di merito. EVITATE QUALSIASI ACCESSO AL SISTEMA INFORMATICO DELLA VOSTRA AMMINISTRAZIONE PERCHE’ POTETE INCORRERE SIA ALLA DENUNZIA PENALE E SIA AL PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE.
“Accompagnamento” anche per chi ha bisogno della supervisione continua per camminare
Un’importante pronuncia della Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha chiarito nuovamente i criteri per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, confermando che anche la necessità di “supervisione continua” può integrare il requisito dell’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore. La decisione offre un orientamento rilevante per le future valutazioni medico-legali e giudiziarie in materia di invalidità civile, soprattutto nei casi di persone che, pur conservando una minima autonomia, necessitano di assistenza costante per evitare gravi rischi.
Riammissione in servizio: CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Sentenza n. 8675 depositata il 1° aprile 2025
L’istituto della riammissione in servizio non dà luogo alla reviviscenza del precedente rapporto di lavoro, ma alla costituzione di un rapporto nuovo, senza che rilevi in contrario l’eventuale previsione da parte di disposizioni di legge o di contratto collettivo della riammissione nello stesso ruolo precedentemente ricoperto o dell’attribuzione. Pubblica Amministrazione: È un diritto o una discrezionalità dell’Ente l’assunzione del dipendente a seguito di dimissioni? “L’istituto della riammissione in servizio del dipendente dimissionario di un Ente pubblico (ai sensi del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) costituisce una facoltà dell’amministrazione che, presupponendo la decisione discrezionale di coprire il posto rimasto scoperto a seguito delle dimissioni, non origina un diritto soggettivo alla riammissione in servizio a favore del dipendente, in quanto è subordinata all’esito della ricognizione della stessa amministrazione, circa la sussistenza di un interesse pubblico al provvedimento di riammissione. L’atto di riammissione, poiché non costituisce un provvedimento amministrativo ma un atto gestionale adottato con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, dipende, esclusivamente, dalle autonome valutazioni discrezionali del datore di lavoro pubblico (art. 5, comma 2, del D. Lgs. n.165/2001)