DIRIGENTI-DOCENTI AI FERRI CORTI ? PARLIAMONE

PROPONIAMO UN INTERESSANTE ARTICOLO DEL PROF. MURAGLIA, DOCENTE DI MATERIE LETTERARIE PRESSO IL LICEO “DE COSMI” DI PALERMO- GIA’ VICE PRESIDENTE NAZIONALE DEL CIDI.  

I rapporti tra i dirigenti scolastici e gli insegnanti non sono mai stati semplici. La Legge 107 dal mio punto di vista li ha complicati. I rumors sui contratti segnalano aumenti consistenti per i DS e briciole per i docenti.  Segno evidente dei tempi centosetteschi. Il “formatore” – così si dice – che è in me e che incontra docenti quotidianamente percepisce chiaramente la tensione attuale di questo rapporto gerarchico. E non é il solo.

Val la pena pertanto di socializzare qualche considerazione e lanciare qualche pro-vocazione.

  1. Nel metodo. Non si può e non si deve generalizzare. Ci sono DS che interpretano il loro ruolo con ottima capacità inclusiva e spirito democratico, e DS burocrati, smaniosi di potere o interessati soltanto alla propria salvaguardia. Ma lo stesso dicasi per i docenti. Già detto in altri post, a proposito di intellettuali e impiegati appassionatamente confinanti nelle sale professori.
  2. Nel merito. I DS avvertono il fiato sul collo della loro valutazione. E reagiscono in modo compatibile con la percezione che hanno del loro ruolo. Poiché sono responsabili indiretti dei “risultati del servizio”, non possono che rivalersi sugli insegnanti. Chiedendo loro il “miglioramento”.
  3. Spesso i DS, che non vanno più in classe, non hanno più cognizione di cosa voglia dire andare in classe. Hanno peraltro tante e tali incombenze di carattere organizzativo che magari da un decennio non studiano più. Purtuttavia le loro circolari spesso pontificano in modo pasticciato sulla didattica e chiedono ai docenti di operare in un certo modo o in un altro. Il rapporto di non pochi DS con la formazione obbligatoria si limita al reperimento dell’esperto e poi ad un generico saluto iniziale e qualche volta finale. Non va bene. E se ne vedono le conseguenze nella motivazione di tante platee coatte. Già approfondito in altra sede.
  4. Taluni DS del primo ciclo hanno un rapporto alterato con Invalsi e lo trasmettono tragicamente ai loro docenti. Le Indicazioni del primo ciclo dicono esplicitamente che  “L’Istituto nazionale di valutazione rileva e misura gli apprendimenti con riferimento ai traguardi e agli obiettivi previsti dalle Indicazioni, promuovendo, altresì, una cultura della valutazione che scoraggi qualunque forma di addestramento finalizzata all’esclusivo superamento delle prove”.Nessun docente da me incontrato ha dimostrato di conoscere questo passaggio. Si registrano pertanto in qualche scuola situazioni come quella di un DS che fa firmare alle famiglie una dichiarazione in cui si accetta di far lavorare in estate i bambini su esercizi Invalsi. Le case editrici gongolano. Taluni sono ossessionati dalle classifiche e dall’immagine. I docenti eseguono, le famiglie ubbidiscono.
  5. La stragrande maggioranza dei docenti dunque non conosce le norme. E quindi la formazione in servizio spesso è una bolla d’aria perché non trova nei docenti alcun ancoraggio di tipo normativo. Fate qualche domanda normativa a saltare nelle sale professori. Provate nei Licei. Il DS invece le norme le conosce e le interpreta. E alle volte qualche interpretazione è ai limiti del delirio: “Maestra, lei perché mette questo voto in pagella? Mi fa vedere i voti con i quali ha fatto media?”. Scuola primaria. I voti sono obbligatori solo nelle valutazioni periodiche e finali. Il DS sta palesemente delirando. Ma nessuno è in grado di controllarlo. Se c’è qualche solitario in grado di farlo corre qualche rischio. Proprio perché è solitario. Questa circostanza, unita ad altri dispositivi centosetteschi perfettamente inutili e inutilmente conflittogeni quali la cosiddetta “valorizzazione del merito” legata ai quattrini, finisce per rendere molti Collegi delle adunate inerti (quando va bene e non c’è un brusio assordante che copre tutto) dinanzi al monologo del DS. Si insegna la cittadinanza nelle classi e si vive la sudditanza fuori dalle classi. Chi dissente o protesta rischia. Un’ insegnante di provincia: “Meglio non mettersi nei guai”. A questo siamo ridotti nelle nostre sedicenti comunità educanti?
  6. Dal 2013 (DPR 80) il sistema ha accentuato i suoi caratteri valutativi e rendicontanti. Tra visite dei NEV, RAV e valutazione dei DS, il clima educativo generale va avvelenandosi su esiti risultati punteggi perdendo di vista il cuore del fare scuola. L’accountability regna incontrastata. Anche sulla formazione. Più importante rendicontarla che farla. Quindi soldi pubblici alle ortiche. Tutto inutile. I docenti la percepiscono per lo più come un adempimento da attestare. In un Convegno di qualche giorno fa a Prato, alla presenza di autorevolissime figure del mondo della scuola, ho denunciato il trionfo del paradigma dell’Esattezza e della religione della Misura. Chi ha voglia di perdere cinque minuti può dare un occhio all’intervento.

Conclusioni provvisorie. Né progresso né innovazione, men che meno “buona scuola”, sono prevedibili in ambienti educativi in cui il DS ed i docenti intrattengono un rapporto malato, o comunque alterato da una sperequazione colossale delle visioni e degli obiettivi. Separati in casa. Non ingannino gli spot entusiasti e colorati della politica scolastica renzista e post-renzista. La forbice tra governanti e governati dentro le scuole in tanti casi si allarga sempre più. L’esperienza di girovago delle scuole mi racconta ogni giorno la stessa storia: “Ma il DS ci impone”, “Ma non possiamo ribellarci alla circolare del DS”, “Ma il DS ci dice che non possiamo bocciare”, “Ma il DS ci impone di migliorare nelle prove Invalsi”. Ci sono sempre dei “ma” tra i docenti, che riportano al DS. Saranno alibi? A questo punto i casi sono due, aut aut oppure et et. Primo: il corpo docente è ridotto ad uno stato preoccupante di sudditanza psicologica e professionale. La 107 lo ha abbattuto definitivamente. Ma prima della 107 le cose non andavano benissimo. Detto con onestà. Secondo: il mondo (o parte del mondo) dei DS forse ha bisogno di recuperare il senso dell’impresa collettiva e magari di studiare un po’ di più, guardando più alle classi che alle carte. E curando più da vicino i processi della formazione dei docenti. Qualcuno li aiuti: ma chi sono e dove sono gli “aiutanti”? I commilitoni distaccati che da anni non vedono un ragazzino né presiedono un Collegio? E questi ultimi chi li aiuta?

Che dire? Forse occorrerebbe un’obiezione di coscienza potente e compatta da parte di quei DS (e ce ne sono eccome) che invece hanno una visione democratica della scuola, della formazione, della valutazione. Perché tacciono? Il tritacarne RAV-NEV-Portfolio-Indire-Invalsiha inghiottito anche loro?

Parliamone………